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      — Non venga a disturbarci! Che bisogno aveva il padrone d’uno di questi negri della qualità più ordinaria?
      — Tacete! Essa non è più negra di voi, Rosa, — disse Dina, che in quest’ultima osservazione vide un insulto rivolto a lei stessa. — Voi non siete né bianca né nera; io poi, preferisco d’essere o l’una o l’altra. —
      Miss Ofelia si accorse che fra costoro nessuno era disposto a lavare, pettinare e vestire la nuova negrettina, e dové prenderne ella stessa cura con l’aiuto di Giovanna, che vi accondiscese con visibile ripugnanza.
      Per riguardo alla delicatezza dei nostri lettori, non insisteremo sulle particolarità dell’acconciatura di una fanciulla, negletta e spregiata fino a quel giorno. Purtroppo in questo mondo un gran numero di creature umane debbon vivere e morire in tale stato, che i nervi dei loro simili non reggono ad ascoltarne solo la descrizione.
      Miss Ofelia era d’animo forte e risoluto, e si accinse eroicamente a quell’operazione, con vera diligenza, quantunque, bisogna confessarlo, con aria non molto graziosa; poiché i suoi principii non potevano ispirarle che la rassegnazione. Per altro, quando vide sopra le spalle e la schiena della fanciulletta le cicatrici e le callosità, segni indelebili dei trattamenti a cui era stata sottoposta fino allora, cominciò a impietosirsi.
      — Guardate un po’: — disse Giovanna, additando le cicatrici — questa è una prova ch’essa ha bisogno di punizioni! Oh, ne farà delle belle! Per conto mio detesto queste piccole scimmie che fanno schifo, e non so comprendere perché il padrone abbia comprato questa.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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