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      — Certo, sarà vero. Gli speculatori comprano negrotti alla rinfusa, li allevano, poi ne fanno mercato.
      — Quanto tempo sei rimasta con gli ultimi tuoi padroni?
      — Non lo so.
      — Un anno, due, più o meno?
      — Non lo so.
      — Che acume, questi negri! Non sanno neppur distinguere il tempo, — disse Giovanna — non capiscono che cosa sia un anno, e neppur conoscono la loro età!
      — Udisti mai parlare di Dio, Topsy? — La fanciulla guardò con aria da scimunita e fece il solito ghigno.
      — Sai chi ti ha creata? — soggiunse Ofelia. Topsy parve maravigliata, e rimasta alquanto pensosa, rispose:
      — M’immagino d’essere sbocciata; ma non credo che mi abbia creata alcuno.
      — Sai cucire? — disse miss Ofelia, che pensò bene di volgere le sue ricerche su cose più accessibili alla intelligenza di lei.
      — Nossignora.
      — E che sai fare? Che cosa facevi per i tuoi padroni?
      — Andavo a attinger acqua, lavavo i piatti, ripulivo i coltelli e servivo le persone a tavola.
      — Ti trattavano bene?
      — Credo di sì, — rispose la fanciulla guardando miss Ofelia furbescamente.
      Dopo quest’incoraggiante colloquio, miss Ofelia si alzò e trovò Saint-Clare che se ne stava lì appoggiato alla spalliera della sua sedia.
      — Ebbene, cugina, voi trovate, mi sembra, un suolo vergine. Seminateci le vostre idee, e vi alligneranno. —
      Le idee di miss Ofelia intorno all’educazione, come tutte le altre sue idee francamente determinate, eran quelle stesse che prevalevano, cent’anni fa, nella Nuova Inghilterra, e che tuttora si conservano religiosamente dove non sono giunte le strade ferrate.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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