— domandò miss Ofelia.
— Ditemi, signora: è lo Stato del Kentucky?
— Quale Stato?
— Lo Stato da cui essi caddero. Il padrone mi diceva che noi veniamo dal Kentucky. —
Saint-Clare si pose a ridere e disse:
— Bisogna pur che diate un significato a ciò che le insegnate, o essa ne troverà un altro. Si direbbe che voglia suggerire l’idea di un’emigrazione.
— State zitto, Agostino!... Io non potrò far nulla, se voi ridete.
— Ebbene, non disturberò più i vostri esercizi, in parola d’onore! — riprese Saint-Clare.
E preso il giornale, andò a sedersi nella sala fino a che Topsy avesse terminato di recitare la lezione. Essa la sapeva benissimo; soltanto trasponeva talune parole importanti, e s’incaponiva nel suo errore, nonostante tutti gli sforzi per trarnela.
Ed allora Saint-Clare, dimenticando ciò che aveva promesso, si divertiva un mondo a quegli errori di senso, chiamava Topsy, e a dispetto delle rimostranze di miss Ofelia, le faceva ripetere per suo divertimento i passi alterati.
— Ma ditemi la verità: — esclamava Ofelia — come volete che io faccia alcuna cosa di bene con questa fanciulla, se voi continuate a questo modo?
— Sì, ho tutto il torto, lo confesso; — riprendeva Saint-Clare — ma chi può trattenere le risa quando questa povera fanciulla confonde i paroloni?
— E voi la imbrogliate più che mai!
— Che male c’è? Per lei, tutte le parole sono buone.
— Voi desiderate che io l’allevi bene; e dovreste rammentarvi ch’è una creatura dotata di ragione, e badar bene al potere che esercitate su lei.
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