— E vero, miss Eva, — disse Tom, e si pose a cantare:
«Oh se avessi l’ali d’oroDello splendido mattino
Pari a etereo cherubinoVolerei lassù nel Ciel.
E allor d’angioli un bel coroGuiderebbe il volo mio
Fino a te, Città di Dio,
Senza alcun terrestre vel.»
— Dove credi tu che sia la Nuova Gerusalemme, la città di Dio, zio Tom? — chiese Evangelina.
— Lassù, oltre le nuvole, miss Eva.
— Sì, mi pare di vederla. Guarda in quelle nuvole: si direbbe che vi sono porte immense di perle; e più in là, lontano lontano, tutto è d’oro. Tom, canta gli spiriti beati. —
Tom cantò le parole di un famoso inno metodistico:
«Miro spiriti beatiDallo sguardo risplendente
Ed ogni anima gaudenteChe di gloria si sbramò.
Tutti volano ammantatiDi candore eguale a neve,
E la palma ognun riceveche fra stenti si acquistò.»
— Zio Tom, — disse Evangelina — io li ho veduti. — Tom non ebbe di ciò dubbio alcuno né maraviglia. Se Evangelina gli avesse detto che era stata in Cielo, avrebbe creduto la cosa del tutto probabile.
— Questi spiriti vengono qualche volta a trovarmi mentre dormo, — soggiunse Evangelina, e gli occhi suoi presero un’aria meditabonda, e sottovoce ella ripeté il canto:
«Tutti volano ammantatiDi candore eguale a neve,
E la palma ognun riceveChe tra stenti si acquistò.»
«Zio Tom, — riprese poi — io vado lassù.
— Dove, miss Eva? —
La fanciulla si alzò in piedi e stese la mano verso il cielo, che guardò fissamente.
Pareva che gli ultimi bagliori del giorno circondassero le sue guance colorite e la bionda sua testa di un’aureola che nulla aveva di mortale.
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