Esso abbandona troppo il freno alle passioni, le quali, nel nostro clima, sono vivaci abbastanza. Con Enrico io mi trovo in gran perplessità. Egli ha un’anima generosa, un cuore fervido; ma quando è eccitato, scoppia come un razzo. Lo manderò nel Nord, dove l’obbedienza è in voga, e là compirà la sua educazione. Egli starà quivi più in contatto coi suoi eguali, e meno coi suoi inferiori.
— Se dunque l’educazione dei fanciulli è l’opera essenziale della razza umana, — disse Agostino — e poiché il nostro sistema d’educazione ha molti difetti, dobbiamo concludere che la nostra società è male ordinata.
— Se questo sistema nuoce sotto alcuni rispetti all’educazione, — rispose Alfredo — le è favorevole sotto altri; esso fa i giovinetti coraggiosi e virili, e i vizi stessi d’una razza abietta giovano a fortificare in essi le opposte virtù. Io penso che Enrico abbia meglio apprezzato la verità, vedendo che la menzogna e la frode sono i caratteri della schiavitù.
— E questo un modo assai cristiano, davvero, di considerare la questione! — disse Agostino.
— Cristiano o no, esso è vero, — rispose Alfredo — e non è meno cristiano di tante altre cose al mondo...
— Può essere, — disse Saint-Clare.
— E inutile parlarne, Agostino. Ne abbiamo già tanto discusso! Che ne direste d’una partita a scacchi? —
I due fratelli salirono la scala della veranda e si trovarono ben presto seduti a un tavolino di bambù, con lo scacchiere davanti ad essi.
Alfredo riprese a dire:
— Vi accerto, Agostino, che se io pensassi come voi, vorrei far qualche cosa.
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