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      Ma il suo respiro breve e difficile pose in apprensione il padre.
      — Perché hai corso con tanta velocità, mia cara? Sai che ti nuoce...
      — Me ne sono scordata, babbo. Eppoi, andare a quel modo mi divertiva tanto, e mi sentivo così bene! —
      Saint-Clare portò Evangelina nelle sue braccia fino alla sala e la depose sul sofà.
      — Enrico, tu devi aver cura di Eva; — diss’egli — non bisogna farla galoppare con tanta furia.
      — Ne prendo impegno, — rispose Enrico, mettendosi a sedere accanto al sofà e pigliando la mano di sua cugina.
      Evangelina si sentì presto assai meglio; suo padre e suo zio ripresero la loro partita a scacchi, e i due fanciulli furono lasciati insieme.
      — Sapete, Eva, che mi rincresce sommamente che il babbo non possa trattenersi qui più di due giorni? Io starò tanto tempo senza vedervi! Se fossi rimasto con voi, avrei procurato di diventar buono e di non trattar più con tanta durezza Dodo, né gli altri. Non mica ch’io abbia l’intenzione di maltrattarlo; ma sono molto impaziente; e poi... io sono tutt’altro che cattivo con lui. Per esempio, gli regalo una moneta ogni tanto, e voi vedete com’è ben vestito. Io credo, insomma, che Dodo debba esser contento della sua sorte.
      — Sareste contento, voi, se non aveste vicino qualche creatura umana per amarvi?
      — Io? No davvero!
      — Ebbene, comprando Dodo, voi lo avete separato da tutti i suoi parenti, da tutti i suoi amici, ed ora non ha nessuno che lo ami. Come potrebbe esser buono?
      — Ma non posso rimediarvi, per quanto io sappia. Non posso restituirgli sua madre, né posso amarlo io medesimo.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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