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      Trascorsero alcune settimane, e lo stato di salute della gentile fanciulla migliorò notevolmente.
      Soltanto miss Ofelia e il medico non si lasciavano illudere da questa tregua fallace. Un altro cuore aveva lo stesso presentimento: ed era Eva stessa.
      Oh, che è mai la voce che parla sì quietamente e sì chiaramente all’anima del tempo breve da restar sulla terra? È forse il segreto istinto della natura che declina, o l’ardente aspirazione dell’anima verso l’immortalità che s’appressa?
      Comunque sia, la buona fanciulla sentiva con profetica certezza che il Cielo era vicino; certezza placida come i raggi del sole cadente, soave come la serenità d’un bel giorno autunnale. In ciò si riposava il suo cuore, turbato soltanto dall’afflizione di coloro che l’amavano sì caramente.
      Essa non lamentava punto il suo precoce destino, sebbene fosse tanto vezzeggiata e sebbene la vita le si schiudesse dinanzi con tutte le delizie che l’amore e l’opulenza concedono ai mortali. In quel libro che ella e il suo vecchio amico leggevano spesso, aveva trovato e si era messa nel cuore l’immagine d’uno che amava i fanciulli; e l’aveva vagheggiata con tanto affetto, che era per lei cosa viva e parlante. L’amore di quella immagine aveva occupato il cuore della fanciullina con una tenerezza più che mortale; ed ella soleva dire che s’incamminava verso Cristo, verso la casa di Lui. Ma il suo cuore provava una tenerezza dolorosa per coloro che doveva abbandonare, e, in modo speciale, per il padre suo; perché essa intuiva d’essere amata più da lui che da ogni altro.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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