Lasciate che io li abbia, ve ne prego!
— Ma, Eva, la tua camera n’è già piena!
— Non sono mai troppi, — disse Evangelina. — Topsy, portameli. —
Topsy, che si era tirata in disparte con aria stizzosa, venne subito a offrirglieli. La sua titubanza era l’opposto della consueta sua folle arditezza e vivacità.
— Che bel mazzo! — disse Evangelina nel riceverlo. — Tu accomodi i fiori con molta grazia, Topsy! Non ne ho in questo vaso, — soggiunse — e gradirei che tu me ne portassi ogni giorno.
— È un’idea strana; — disse Maria — che bisogno ne hai?
— Non importa, mamma. Non volete forse che Topsy mi contenti?
— Ma sì, cara Eva! Fa’ pure ciò che vuoi. Topsy, hai udito la tua padroncina: ricorda bene i suoi ordini. —
Topsy abbassò lo sguardo, fece un lieve inchino, e mentre si allontanava Evangelina vide che le lacrime cadevano sopra le sue guance nere.
— Vedi, mamma, io sapevo che la povera Topsy desiderava far qualche cosa per me, — disse Evangelina.
— Ah, no! Essa gode solamente di fare sciupìo, e coglie i fiori appunto perché le è vietato di toccarli: ma se ti aggrada, li colga pure.
— Mamma, Topsy è molto cambiata; ella ora fa di tutto per diventar buona.
— Dovrà sforzarsi per molto tempo prima che ella possa riuscire al bene, — disse Maria con un gesto sprezzante.
— Sai pure, mamma, che nessuno al mondo ebbe mai cura della poverina! Ella fu allevata in modo ben diverso da noi.
— E vero, — disse Maria sbadigliando. — Oh, mia cara, fa un caldo insopportabile!
— Non credi, mamma, che Topsy potrebbe divenire un angelo come ciascun di noi, se fosse cristiana?
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