Ne ho troppi, e mi riscaldano la testa. Inoltre, desidero darne a qualcuno. —
Miss Ofelia si fece innanzi con le forbici.
— Badate bene, fate in modo che non apparisca; tagliate per disotto: i capelli d’Eva sono il mio orgoglio.
— Oh, babbo! — esclamò Evangelina tristemente.
— Sì, e desidero che siano ben cresciuti e inanellati quando andremo alla piantagione di tuo zio a trovare il cugino Enrico, — disse Saint-Clare con accento gioviale.
— Non v’andrò mai, babbo; vado in un paese più bello. Oh, credimi! Non vedi che ogni giorno vado perdendo le forze?
— Perché insisti nel volermi far credere una cosa sì crudele, Eva mia? — le disse il padre.
— Perché sento che è vera, babbo, e se tu vorrai credervi, forse non potrai fare a meno di condividere i miei sentimenti. —
Saint-Clare ammutolì e guardò con dolore quei lunghi capelli che miss Ofelia poneva sulle ginocchia della fanciulla a mano a mano che li veniva tagliando.
Evangelina li prendeva, li guardava fissamente, li inanellava sul dito, e di quando in quando fissava sul padre uno sguardo ansioso.
— Ecco appunto ciò che prevedevo! — esclamò Maria. — Ecco ciò che distruggeva la mia salute, e che mi conduce alla tomba senza che alcuno vi ponga mente. Io lo previdi da gran tempo, Saint-Clare, e fra poco confesserete che avevo ragione.
— E ciò vi riuscirà certamente di grandissima consolazione! — rispose Saint-Clare con amarezza.
Sua moglie si gettò riversa sopra un seggiolone coprendosi il viso col fazzoletto.
I sereni, azzurri occhi d’Evangelina si volgevano or sull’uno or sull’altra.
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