E si ritirò col cuore più sollevato di quanto non l’avesse avuto da parecchie settimane.
Ma sulla mezzanotte, ora strana e misteriosa in cui diviene più trasparente il velo che separa il fragile presente dall’eterno avvenire, il messaggero comparve.
Si udì un calpestio, nella camera, come di persona che si affretta; era miss Ofelia che, rimasta a vegliare presso la fanciulla, si avvide di ciò che le sperimentate infermiere sogliono chiamare un cambiamento. Essa aprì la porta che metteva sulla veranda, e Tom fu subito in piedi.
— Tom, andate a chiamare il medico senza perdere un istante, — disse miss Ofelia.
E, traversata la camera, bussò all’uscio di Saint-Clare.
— Cugino, — disse — accorrete, ve ne prego! —
Queste parole caddero sopra il cuore di lui come palate di terra sopra una cassa da morto. Egli fu in un attimo fuori della sua camera, chino sopra la figlia tuttora addormentata.
Che cosa vide perché il cuore gli si agghiacciasse? Perché nessuna parola fu scambiata tra i due?
Ben potete comprenderlo voi che vedeste quella medesima espressione sopra un volto amato, quella espressione indescrivibile che non lascia speranza alcuna, che non ammette inganni, e vi avverte che la persona cara non sarà a lungo più vostra.
Il volto di Evangelina però non aveva un’impronta di terrore, ma un’alta, quasi sublime espressione, segno della presenza tutelare degli angeli, aurora della vita immortale in quella fanciulletta.
Saint-Clare e sua cugina la contemplavano in sì profondo silenzio, che l’oscillare del pendolo dell’orologio pareva troppo rumoroso.
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Ofelia Tom Ofelia Saint-Clare Evangelina
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