Il letto era coperto di bianco, e lì, sotto sembianze angeliche, riposava la spoglia d’una fanciulla addormentata... addormentata per non svegliarsi più!
Essa giaceva colà, vestita della semplice veste bianca che soleva portare vivendo. La luce rosea filtrava dalle tende e spargeva una tinta calda su quel gelido volto. Le lunghe sue ciglia erano languidamente abbassate sulle candide guance; il capo era un po’ inclinato da una parte, come se dormisse di un sonno passeggero; ma era diffusa in tutti i lineamenti di quel volto una sublime espressione celeste, e vi si scorgeva un misto di quella pace che il Signore concede a’ suoi prediletti.
Non c’è morte per chi è pari a te, diletta Evangelina! Essa non ha né ombre, né tenebre; tu ti spengesti come la stella del mattino sparisce ai raggi dell’aurora. Tu conseguisti la vittoria senza combattere, e la corona che ti cinge il capo è eterna come Dio.
Tali erano i pensieri di Saint-Clare, mentre con le braccia conserte al seno stava a contemplarla.
Ah, chi potrebbe dire che cosa egli pensava in quelle ore! Dall’istante in cui una voce aveva detto: «Essa è partita!» una densa nube aveva offuscato la sua vista ed immerso l’anima sua nelle tenebre. Varie voci gli ronzavano alle orecchie confusamente.
Talvolta gli venivano rivolte domande, a cui egli rispondeva come a caso; e quando gli fu chiesto a che ora voleva che si facessero i funerali, e dove si dovesse scavar la fossa, egli aveva risposto con impazienza che di ciò non si curava.
Adolfo e Rosa diedero sesto alla camera.
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Evangelina Dio Saint-Clare Rosa
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