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      Saint-Clare misurava tutto il giorno a passo lesto le vie, cercando di riempire il vuoto orribile del proprio cuore a forza di alacrità, di agitazione e di movimento. Coloro che lo incontravano per la strada o lo vedevano al caffè, non scorgevano altro del suo lutto che il velo al cappello, poiché era lì a cianciare, a sorridere, a leggere i giornali, a discutere di argomenti politici e di affari. Chi poteva vedere come sotto quella studiata allegria si nascondesse un cuore desolato e tetro al pari di un sepolcro?
      — Saint-Clare è un uomo singolare, — diceva Maria alla cugina, dando sfogo al suo malcontento. — Io credevo che s’egli amava qualcuno al mondo, fosse la nostra cara figlioletta; ma vedo che si dimentica anche di lei facilmente. Non posso neppur ottenere che egli ne parli. In verità lo giudicavo di cuore più tenero.
      — Le acque placide sono le più profonde, ho sempre sentito dire, — rispose miss Ofelia.
      — Io non ci credo; è uno sciocco proverbio! Chi è dotato di sensibilità, la dimostra. Ma infelice chi la possiede! Io preferirei di essere come Saint-Clare; invece la forza del sentimento mi uccide.
      — Il cuore non conosce bene che le amarezze proprie, — disse gravemente miss Ofelia.
      — È appunto ciò che penso. Io sola conosco quello che provo in me. Nessun altro mi compatisce. Eva sola mi sapeva, intendere; ma essa non è più! —
      E gettandosi addietro sul seggiolone, si rimise a singhiozzare fortemente.
      Maria era una di quelle persone costituite in disgraziato modo, agli occhi delle quali ogni cosa perduta irreparabilmente acquista un valore che prima non aveva.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





Maria Ofelia Saint-Clare Ofelia