Essa cercava difetti o mende in tutto ciò che possedeva, ma appena ne restava priva, non finiva più di farne le lodi.
Mentre nella sala si facevan tali discorsi, un altro colloquio avveniva nel gabinetto di Saint-Clare.
— Tom, figliuolo mio, il mondo è vuoto per me come un guscio d’uovo.
— Lo so, padrone, lo so, — disse Tom. — Ah, se il padrone potesse guardare in su, dov’è la nostra cara miss Eva, nel soggiorno di Dio!
— Lo vorrei, Tom, e procuro di farlo; ma tutto è buio quand’io alzo gli sguardi al Cielo. — Tom mandò un profondo sospiro.
— Pare che sia stato concesso solamente ai fanciulli ed alle anime buone e semplici come la tua di veder queste cose che noi non possiamo vedere; — disse Saint-Clare — come mai?
— «Tu celasti queste cose ai savi e agl’intelligenti, e le rivelasti ai fanciulletti,» — mormorò Tom.
— Tom, io non credo, non posso credere; contrassi l’abitudine di dubitar d’ogni cosa. Vorrei credere a ciò che la Bibbia insegna, ma non posso.
— Mio caro padrone, pregate Iddio con queste parole: «Signore, aiutatemi, fate cessare la mia incredulità».
— Chi può comprenderne qualche cosa? — disse Saint-Clare con aria meditativa, e come parlando fra se stesso. — L’amore, la fede, tutte queste belle cose, non sarebbero che una fase passeggera del sentimento umano, fuggevoli come un alito e prive d’ogni fondamento? Eva non è più; non vi è Cielo; non vi è Cristo. Nulla.
— Oh, mio caro padrone, tutto ciò esiste, io ne ho certezza!— esclamò cadendo in ginocchio Tom. — Credetelo, caro padrone, credetelo!
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