— Ebbene, aggiusterò anche questa faccenda.
— Quando? — chiese miss Ofelia.
— Uno di questi giorni.
— E se moriste prima?
— Che idea vi passa per il capo, cugina? — disse Saint-Clare, che posò il giornale per guardarla in volto. — Avete forse osservato in me qualche sintomo di febbre gialla o di colera, che mettete tanto zelo ad assestar le cose che devono seguire dopo la mia morte?
— La morte può sorprenderci a tutte le ore, — rispose miss Ofelia.
Saint-Clare si alzò, e uscì senza ragione apparente, ma desideroso in sostanza di troncare un colloquio che non gli andava a genio.
Egli ripeteva macchinalmente la parola morte che gli aveva colpito l’orecchio, e, appoggiato al parapetto della veranda, guardava l’acqua della fontana zampillare e ricadere, i fiori, gli alberi del cortile che gli apparivano come attraverso un ondeggiante vapore; e questa parola, sì comune in bocca a tutti, ma sempre così terribile, morire, si offriva di continuo alla sua mente.
— Cosa strana — egli disse tra sé — che esista una tal parola ed una tal cosa, e che noi possiamo dimenticarla; che un giorno siamo pieni di vita e di bellezza, pieni di speranza, di desiderii, di bisogni, e che il giorno seguente possiamo sparire per sempre! —
Era un tramonto caldo e dorato, e mentre egli passeggiava sulla veranda, vide all’altro capo di essa Tom tutto intento a leggere la Bibbia e seguire col dito ciascuna parola che proferiva sommessamente e con aria grave.
— Vuoi che te la legga io, Tom? — gli disse Saint-Clare, sedendosi senza affettazione accanto a lui.
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