— Forse — osservò miss Ofelia — è impossibile che una persona la quale non fa il bene, non commetta il male.
— Oh, allora, — disse Saint-Clare come parlando a se stesso, ma con accento di profonda commozione — che sarà di coloro che la propria educazione, il proprio cuore, i bisogni della società chiamavano ad alte imprese, e che passarono la vita infingardi, oziosi spettatori delle lotte, dell’agonia, della miseria dell’umanità, mentre avrebbero dovuto cooperare con l’azione al suo bene?
— Credo — disse miss Ofelia — che sarebbe bene si pentissero della loro inerzia e cominciassero a operare.
Siete donna d’azione e di proposito cugina — replicò Saint-Clare la cui fronte si rischiarava. — Non mi date mai tempo per le riflessioni generali; voi mi fermate sempre dinanzi all’attualità presente, e avete nella vostra mente un adesso perpetuo.
— L’adesso è il solo tempo col quale io abbia, a fare, — rispose miss Ofelia.
— Cara piccola Eva! Povera figliuola mia! — esclamò Saint-Clare. — L’anima sua vergine e candida aveva meditato per me un bel lavoro da compiere! —
Era questa la prima volta, dopo la morte di Evangelina, che Saint-Clare parlava così apertamente di sua figlia, ed egli pronunziò quelle parole reprimendo a stento la viva commozione dell’animo.
— Il mio modo di comprendere il cristianesimo è tale, — continuò egli — che a parer mio nessun uomo che lo professi può essere coerente con se medesimo, qualora non combatta con ogni forza il mostruoso sistema d’iniquità sul quale il nostro ordine sociale è fondato, e qualora non sia pronto a sacrificar la propria vita nella lotta.
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