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      Giovanna, udendo queste parole, abbassò il capo, poiché comprese che la sua padrona aveva voluto alludere in modo speciale a lei. Miss Ofelia fece l’atto di chi avesse inghiottito un qualche amalgama di materie infiammabili; essa era lì lì per scoppiare. Ma considerando l’assoluta inutilità di ogni discussione con una persona come Maria, chiuse risolutamente la bocca, e, facendo un ultimo sforzo sopra se medesima, uscì dalla camera.
      Era una cosa dura al cuore di miss Ofelia tornare dalla povera Rosa per annunziarle che nulla aveva potuto ottenere in favore di lei. Ed infatti uno degli schiavi venne presto a dire che la sua padrona gli aveva ingiunto di condurre Rosa alla Calahouse, e, nonostante le sue lacrime e le sue vive supplicazioni, la meticcia fu trascinata.
      Alcuni giorni dopo, Tom stava tutto pensoso affacciato al balcone, quando gli si avvicinò Adolfo, il quale, dalla morte di Saint-Clare, era rimasto inconsolabile e in uno stato di vero abbattimento d’animo.
      Adolfo non ignorava che Maria lo aveva sempre detestato, ma finché visse Saint-Clare non se n’era gran fatto curato.
      Ora che il suo padrone era morto, Adolfo passava i giorni travagliato da un timore continuo, mal sapendo quel che gli potrebbe accadere.
      Maria si era più volte trattenuta a lungo col suo avvocato. D’intesa col fratello di Saint-Clare, fu deliberato che ella venderebbe la casa e tutti gli schiavi, tranne quelli che erano sua proprietà personale, e che essa voleva condurre seco ritornando alla piantagione di suo padre.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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