Gli altri sghignazzavano e battevano le mani.
Attratto dal rumore, il custode si affacciò sull’uscio.
— Che c’è, ragazzi? Quieti, quieti! — diss’egli, agitando in aria una lunga frusta.
Tutti fuggirono, chi qua, chi là, ad eccezione di Sambo, il quale, prevalendosi del favore che godeva come buffone autorizzato, non si mosse dal suo posto, abbassandosi rattamente con una smorfia lepida tutte le volte che il padrone lo minacciava d’una frustata.
— Oh, padrone, non siamo mica noi! Noi stiamo tranquilli. Sono gli ultimi venuti... gente insopportabile, che vuole attaccar briga con noi. —
Il custode, voltosi allora contro Tom e Adolfo, distribuì loro senz’altra spiegazione parecchi calci e schiaffi; poi, comandato a tutti di star quieti e di dormire, se ne andò.
Mentre avviene questa scena nel dormitorio degli uomini, forse il lettore avrà desiderio di gettare uno sguardo nella sala vicina, assegnata alle donne. Colà, stese e addormentate sul pavimento in modi svariati, egli può veder buon numero di quelle infelici d’ogni tinta, dal color d’ebano fino al quasi bianco, e d’ogni età, dall’infanzia alla vecchiaia. Qui una vaga fanciulletta di dieci anni, la cui madre era stata venduta il giorno prima, piangeva di dover dormire quella notte senza la tutela materna; altrove una negra, vecchia e logora dalle fatiche, aspettava di essere venduta il giorno seguente come una mercanzia di scarto. Altre quaranta o cinquanta di queste povere creature, col capo fasciato stranamente di varie stoffe, sono sdraiate intorno ad esse.
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Sambo Tom Adolfo
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