So ben io come vanno le cose.
— Ebbene, mamma, farò come dici.
— Senti, Emma: se domani dovessimo esser separate per sempre, se io fossi venduta per qualche piantagione, e tu condotta altrove, ricordati sempre ciò che imparasti, e i doveri che la tua padrona ti raccomandò. Prendi teco la Bibbia e il tuo libro d’inni, e se sarai fedele al Signore, Egli sarà fedele a te.
La povera donna parlava così con la disperazione in cuore, poiché sapeva che l’indomani la sua. cara figlia poteva appartenere corpo e anima a qualunque uomo, per vile o brutale che fosse, ed empio ed inumano, purché avesse denaro per comprarla; ed allora come potrebbe la povera giovinetta conservarsi pura e innocente?
I mesti e tranquilli raggi della luna disegnavano su quelle povere creature addormentate l’ombra delle sbarre e delle finestre. La madre e la figlia cantavano insieme una specie d’inno funebre che comunemente viene cantato dagli schiavi:
«Oh, dov’è la dolente Maria
Che ognor l’aria di gemiti empia?
Nel paese dei giusti montò.
Non più lacrime spande né geme,
Ma dal lutto alle gioie supremeDel celeste giardino passò.»
Queste parole, cantate da voci di una singolare e malinconica dolcezza, con un accento che pareva il grido della disperazione di quaggiù verso la speranza del Cielo, s’inalzavano, fra le tetre mura di quel carcere, armoniose e patetiche. Le due donne continuavano:
«Pietro e Silla pasciuti d’affannoDove andarono, e dove si stanno?
Lor fu dato l’ingresso nel Ciel.
Più non veggono atroci misfatti,
Sono sciolti da’ barbari patti
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Emma Bibbia Maria Cielo Silla Ciel
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