Una calca di spettatori, con intenzione o no di comprare secondo che l’occasione se ne offrirà, si fa intorno al gruppo degli schiavi: li palpano, li osservano, e ragionano sui meriti rispettivi di essi, con la medesima libertà con cui i sensali di cavalli discorrono di puledri e giumente.
— Olà, Alfredo, che cosa vi conduce qui? — disse un giovane elegante battendo la spalla ad un altro giovane ben vestito che col suo occhialetto stava esaminando Adolfo.
— Ho bisogno d’un cameriere, e mi fu detto che si dovevano vendere gli schiavi di Saint-Clare: sono venuto appunto per vedere.
— Per me, — disse il primo interlocutore — mi guarderei bene dal comprare uno dei domestici di Saint-Clare: sono tutti maleducati, impudenti come il diavolo.
— Non abbiate timore: — rispose l’altro — se cadono in mia mano, vi prometto che perderanno ogni arroganza, e si avvedranno presto che il nuovo padrone è diverso dall’antico. In fede mia, voglio comprare questo giovanotto; mi piace la sua figura.
— Vi accerto che tutte le vostre sostanze saranno insufficienti per sopperire a’ suoi capricci; è un vero figliuol prodigo.
— Sì, ma il signorino non tarderà ad accorgersi che con me non c’è mezzo di far lo scialacquatore. Io lo manderò un pochino alla Calahouse, dove sarà spogliato da capo a piedi, e là egli abbasserà la cresta, ve l’assicuro. Vedrete che diventerà proprio un agnello. Io lo riformerò di sana pianta!... Ho risoluto, e lo compro. —
Tom aveva frattanto percorso con uno sguardo inquieto la moltitudine di volti che si affollavano intorno a lui, cercando con ansia chi, fra tanta gente, avrebbe voluto chiamar padrone.
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Alfredo Adolfo Saint-Clare Saint-Clare Calahouse
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