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      Dopo averli debitamente imbarcati, e partito che fu il piroscafo, egli venne, con quell’aria affaccendata che gli era propria, a farne la rassegna.
      Fermatosi dinanzi a Tom, che per la vendita erasi adornato del suo abito di panno fino, della biancheria molto bene inamidata, e de’ suoi stivali lustri, gli parlò brevemente, in questo tenore:
      — Sta’ su ritto. —
      E Tom si alzò in piedi.
      — Levati la cravatta. —
      E perché Tom, impedito dalle catene, procedeva lentamente a tale operazione, gliela strappò egli stesso con mano poco gentile e se la pose in tasca.
      Legrée si volse poi a frugar nella cassa di Tom che aveva saccheggiata, e trattene un paio di vecchi calzoni ed una giubba logora che Tom indossava per i lavori più rozzi, gli disse, togliendogli le manette e additandogli un luogo in disparte:
      — Va’ là, e indossa questo. — Tom ubbidì, e tornò subito.
      — Levati ora gli stivali, — disse Legrée. Tom si cavò gli stivali.
      — Tieni, — soggiunse egli gettandogli un paio di ruvidi scarponi da schiavo — mettiti questi.
      In quel frettoloso cambio di vesti, Tom non aveva dimenticato di rimettersi in tasca la sua diletta Bibbia. E fu gran fortuna per lui, poiché il signor Legrée, dopo averlo di nuovo ammanettato, frugò tranquillamente le tasche dell’abito di cui Tom si era svestito. Ne cavò un fazzoletto di seta che intascò. Guardò poi con un brontolio di disprezzo vari gingilli che Tom serbava perché erano stati di trastullo a Evangelina, e li lanciò per di sopra alla sua spalla nel fiume. Trovò inoltre la raccolta degl’inni di Tom, che questi nella fretta aveva dimenticata.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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