— Verissimo; — rispose il primo interlocutore — ma vi sono altresì fra i piantatori parecchi uomini onorati e benevoli.
— Lo credo, — fece il giovane. — Ma a parer mio, cotesti uomini onorati e benevoli si fanno solidari di tutte le malvagità dei miserabili; perché se non fosse la sanzione loro, il loro sistema non reggerebbe un giorno. Se tutti i piantatori fossero come quello là, — e additava Legrée — questo iniquo sistema precipiterebbe come una macina. La vostra onoratezza, l’umanità vostra autorizzano e proteggono la ribalderia di costui.
— Non parlate così forte, ve lo consiglio. Possono trovarsi a bordo persone intolleranti. Quando saremo nella mia fattoria, direte tutto ciò che vorrete, senza pericolo. —
Il giovane arrossì e tacque.
Nello stesso momento un altro colloquio si svolgeva all’estremità del piroscafo tra Emmelina e la sua compagna di catena, la mulatta. Com’era naturale, esse stavano discorrendo tra loro di alcune particolarità della propria storia.
— A chi appartenevate? — domandò Emmelina.
— Il mio padrone era il signor Ellis, che ha la casa in Levee-Street. Forse l’avrete veduta.
— Era buono con voi?
— Sì, per il solito, finché non si ammalò. La sua malattia durò più di sei mesi, ed egli fu, in tutto questo tempo, l’impazienza in persona: non lasciava riposare alcuno, né giorno né notte; ed era così difficile a contentarsi, che a nessuno riusciva di sodisfarlo. Egli diventò cattivo e intrattabile ogni giorno più; mi faceva vegliare tutte le notti fino a che io fossi esausta di forze né potessi più stare in piedi; e perché una notte m’addormentai, egli mi sgridò e disse che mi avrebbe venduta al padrone più tirannico che potesse trovare!
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Legrée Emmelina Emmelina Ellis Levee-Street
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