«Io cedetti, perché avevo le mani incatenate. Egli teneva in suo potere i miei figli: se io gli resistevo, parlava di venderli; e fui costretta di sottopormi alle minime sue volontà.
«Oh, che vita! Col cuore spezzato ogni giorno, tormentata dalle rimembranze di un amore che formava la mia infelicità, e legata ad un uomo che io aborrivo!... Mi ero dilettata per l’addietro nel leggere ad Enrico, giocare in sua compagnia, danzare con lui; ma qualunque distrazione mi era impossibile con Butles; ciò che io facevo per lui era a forza, e tuttavia non avevo coraggio di disobbedire.
«Egli era imperioso e duro coi fanciulletti. Elisa era una creaturina timida; ma Enrichetto, fiero e ardito come suo padre. Egli trovava sempre qualche cosa da ridire contro lui. Io m’ingegnavo di rendere il fanciullo rispettoso e di tenerlo in disparte, perché ogni bene era riposto nei miei figli; ma tutto fu vano. Egli vendette i due fanciulli. Mi condusse un giorno al passeggio nella sua carrozza, e quando tornai, i miei figli non c’erano più. Mi disse che li aveva venduti, e mi mostrò il denaro, il prezzo del loro sangue!
«Mi parve allora di essere abbandonata da tutti. Maledissi forsennata Iddio e gli uomini, e credo che per un istante egli avesse paura di me.
«Disse che i miei figlioletti erano venduti, ma che il farmeli rivedere non dipendeva se non da lui, e che se io non mi calmavo, essi ne avrebbero pagato la pena. Io mi sottomisi con la speranza ch’egli mi aveva data di ricomprarli, ed una o due settimane trascorsero in questo modo.
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