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      Tom bevette l’acqua, e la guardò gravemente e pietosamente in viso.
      — Oh, signora! Io desidero che andiate da Colui che può darvi acqua viva!
      — Andare da Lui! Ma dov’è? Chi è? — rispose Cassy.
      — Quegli del quale mi leggevate... il Signore, — disse Tom.
      — Io ero solita di vederne l’immagine posta sopra l’altare quando ero piccina, — soggiunse Cassy, e gli occhi di lei, fissandosi, esprimevano una malinconia profonda. — Ma Egli non è qui; — continuò — qui non v’è altro che peccato, e lunga, lunga, lunga disperazione!... Ahimè!... —
      E Cassy si appoggiava la mano sul petto, respirando con forza, come per sollevare un peso gravissimo.
      Parve che Tom volesse parlarle ancora, ma essa gl’impose silenzio.
      — Non v’affaticate, — disse — e procurate di dormire, se vi è possibile. —
      Poi avvicinò l’acqua a lui, l’accomodò perché potesse prenderne al bisogno, e se ne andò.
     
     
     
     
     
     
     
     
      XXXV.
     
     
      I PEGNI D’AMORE.
     
     
     
     
      La gran sala dell’abitazione di Legrée era una stanza vasta provvista di un ampio camino.
      Già un tempo le sue pareti erano state adorne di una carta magnifica, la quale ora, sbiadita e lacera, pendeva a brani lungo le pareti coperte di muffa e di nitro. Quel luogo aveva l’odore malsano, misto di umidità, di sudiciume e di putridezza che non di rado si sente nelle vecchie case abbandonate.
      Legrée stava intento a preparare un bicchierone di ponce versandosi dell’acqua bollente da un bricco col becco rotto e mormorava fra i denti:
      — Maledetto Sambo! Non mancava se non che egli venisse a metter guai tra me ed i nuovi lavoranti!


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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