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      La lettera diceva che sua madre era morta, e che nell’agonia essa gli aveva perdonato e dato la sua benedizione.
      C’è una specie di tremenda e profana magia del male che cambia le più soavi, le più sante cose in fantasmi pieni d’orrore e di spavento. Quella madre pallida e amorosa, quelle preci estreme e il suo tenero perdono, fecero su quel cuore perverso l’effetto d’una sentenza di dannazione e gli destarono il pensiero del Giudizio finale e dell’ira celeste.
      Egli bruciò i capelli, bruciò il foglio, e quando lo vide arricciarsi e crepitare tra le fiamme, rabbrividì internamente pensando alla pena del fuoco eterno. Tentò di cacciar via col bere e coi bagordi le memorie importune; ma spesso, fra le tenebre della notte in cui una calma solenne costringe l’anima del malvagio a trattenersi con se medesima, egli vide o gli parve di vedere il pallido volto di sua madre sorgergli accanto al letto, sentì i morbidi capelli di lei circondar le sue dita, finché, coperto d’un sudore freddo, si levò tutto inorridito.
      Oh voi che maravigliate di leggere nel Vangelo che Dio è amore e che è un fuoco divorante, non vedete come per l’anima indurita al male il più perfetto amore diviene la tortura più orribile ed il suggello e la sentenza della più nera disperazione?
      — Maledetto! — brontolò Legrée nel tracannare il suo ponce. — Dove mai ha preso questa ciocca di capelli? Se non somigliasse tanto all’altra... che credevo di aver dimenticata! Il diavolo mi porti se io ammetterò mai più che si possa dimenticare alcuna cosa.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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