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      — Che te ne importa?
      — A dir vero, non lo so nemmen io. Se volete sprecar milleduecento dollari per uno schiavo, e poi renderlo inabile al lavoro nell’urgenza del raccolto, è affare che vi riguarda. Se il vostro raccolto sarà sul mercato inferiore a quello degli altri, perderete la scommessa, credo. Tompkins riporterà la palma, e voi sborserete il vostro denaro. —
      Cassy toccava con accorgimento l’unica corda vibrante in quel bruto.
      — Ebbene, — disse Legrée — lo lascerò in pace ma egli mi domanderà perdono, e prometterà di far meglio.
      — Non vi consentirà, — rispose Cassy.
      — Come no?
      — Ma no di certo.
      — Vorrei sapere il perché, signora mia! — disse sdegnatamente Legrée.
      — Perché egli operò bene, e lo sa, né voi gli farete dire che operò malamente.
      — E chi si cura di quello ch’egli sa? Il negro dirà quanto io gl’impongo, o...
      — O voi perderete le vostre scommesse sul raccolto del cotone, allontanando lui dal campo quando più urge il lavoro.
      — Ma egli cederà, sì, egli cederà! Non so forse che cosa sono i negri? Oggi egli sarà umile e mansueto al pari di un cagnolino.
      — No, no, Simone; voi non lo conoscete, ancora bene. Potete ucciderlo a fuoco lento, ma non gli strapperete una ritrattazione.
      — La vedremo. Dov’è egli? — disse Legrée pronto ad uscire.
      — Nel camerone degli scarti, dentro il magazzino. —
      La luce solenne dell’alba si mostrava già attraverso il finestrino della povera stanza dove Tom giaceva; e là, come discesa sui raggi della stella mattutina, giunse fino al cuore di lui questa voce:


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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