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      «Io sono il rampollo e la discendenza di Davide, la luce e la stella del mattino.»
      I misteriosi avvertimenti e le intimazioni di Cassy, lungi dall’abbattere il suo coraggio, l’avevano rinvigorito, poiché gli erano sembrati l’eco d’una voce celeste. Tom non sapeva se il giorno nascente sarebbe quello della sua morte, e il suo cuore, riboccante d’una gioia solenne e pieno di sante aspirazioni, batteva più forte al pensiero che forse egli stava per vedere in tutta la sua gloria Colui che era il suo tutto, il suo sostegno quaggiù, e che prima del tramonto del sole potevano apparire a’ suoi occhi le corone, le palme, le arpe, il trono splendidissimo circondato d’iride sempre raggiante, e la moltitudine dei Santi cinti di bianche vesti immacolate, le voci dei quali somigliano a quelle di molte acque; però egli udì senza rabbrividire né tremare la voce del suo tiranno.
      — Ebbene, ragazzo, — gli disse Legrée percotendolo sdegnosamente col piede — come ti trovi? Non t’avevo detto che potrei fartene vedere più d’una? Che te ne pare? Di’, ti garba ciò, bel Tom? Tu non sei di buon umore da ieri, eh? Guarda un po’ se ora puoi far dono a un povero peccatore d’una tua predicuccia: tu ne avresti il desiderio anche oggi, non è vero? — E qui diede in uno scroscio di risa beffarde.
      — Su, alzati, animalaccio! — soggiunse poi Legrée dandogli un altro calcio.
      Ma un uomo mezzo macolato e rifinito com’era Tom non poteva eseguire sì facilmente quel brutale comando; e intanto che si sforzava di. alzarsi, Legrée, con un sorriso bestiale, gli disse:


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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