Tom, libero ormai da ogni timore, disse con voce ferma e sicura:
— Padrone Legrée, poiché m’avete comprato, io sarò per voi uno schiavo fedele. Vi darò tutto il lavoro delle mie mani, tutte le mie forze, tutto il mio tempo; ma la mia anima, oh, io non la darò ad alcun uomo! Resterò unito al Signore, e anteporrò i suoi comandamenti ad ogni cosa, ch’io viva o ch’io muoia, potete esserne certo. Padrone Legrée, io non temo la morte; m’è uguale il vivere o no. Fatemi frustare, morir di fame, bruciar vivo, con ciò m’invierete più presto dove desidero di andare.
— Ma ti farò prima cedere! — rispose Legrée con rabbia.
— Io avrò soccorso; — replicò Tom — voi non la vincerete.
— E chi diavolo verrà in tuo soccorso? — disse Legrée con accento di disprezzo.
— Il Signore Onnipotente! — rispose Tom.
— Che tu sia dannato! — esclamò Legrée, e percotendolo col pugno lo gettò a terra.
In quell’istante una mano fredda e morbida si posò sopra Legrée.
Egli si voltò: era la mano di Cassy.
— Siete pazzo? — disse Cassy in francese. — Lasciate in pace quest’uomo; lasciate ch’io lo rimetta in stato da venire al campo di nuovo. Forse non è come vi dissi io?
— Ebbene, fa’ come tu vuoi! — diss’egli con aria burbera a Cassy. — E tu, ascoltami bene: — disse poi a Tom — non voglio più indugiarmi con te, ora, perché il lavoro è troppo urgente ed ho bisogno di tutti i miei servi; ma sappi che non dimentico mai. Lo scriverò sul tuo conto, e una volta o l’altra me ne ripagherò sulla tua vecchia pelle nera. Pensaci! —
Legrée voltò le spalle e si allontanò.
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