Da principio Legrée aveva detto loro che era sua intenzione di farne il suo ispettor generale in sua assenza; e ciò aveva suscitato in essi una malevolenza accresciutasi, nella loro indole abietta e servile, a mano a mano che Tom cadeva in disgrazia del padrone. Quimbo fu dunque ben lieto di eseguire il suo ordine.
Tom ricevé il messaggio con tristi presentimenti in cuore, poiché gli era noto tutto il disegno delle fuggitive e il loro nascondiglio; egli conosceva l’implacabile fierezza dell’uomo con cui aveva da fare, ed il suo potere dispotico. Ma si sentiva forte in Dio per incontrar la morte piuttosto che tradire quelle sventurate.
Depose il suo canestro nella fila degli altri, e sollevando gli occhi al Cielo, disse:
— Nelle tue mani commetto l’anima mia: Tu mi hai redento, o Signore Dio di verità. —
Poi si diede con tutta pace a Quimbo, che lo trascinò brutalmente.
— Eh, eh! — disse il gigante. — Or ora ti salderemo il conto. Il padrone è arretrato con te nei pagamenti. Non c’è via di scampo. Vedrai che cosa frutta il dar mano ai negri del padrone per farli fuggire.
— Ebbene, Tom, — disse Legrée afferrandolo aspramente per il bavero e parlando coi denti stretti in un parossismo di rabbia — sai che ho in animo di ucciderti?
— Non ho difficoltà a crederlo, padrone, — rispose Tom placidamente.
— Ho preso questa risoluzione e non cambierò, — disse Legrée con fiera e tremenda calma — se pure tu non riveli ciò che sai di quelle due donne. —
Tom stette muto.
— Non senti? — gridò il padrone ruggendo al pari d’un leone ferito.
| |
Legrée Tom Dio Cielo Signore Dio Quimbo Tom Legrée Tom Legrée
|