— Io vi perdono di tutto cuore, — bisbigliò Tom fievolmente.
— O Tom, — domandò Sambo — di’ a noi chi è quel Gesù che ti è stato vicino durante la notte. Chi è? —
Queste parole ravvivarono gli spiriti del moribondo.
Egli, in poche frasi piene di energia, narrò la vita e la morte di Colui che, presente in ogni luogo, ha il potere di salvare. Piangevano ambedue quegli uomini selvaggi.
— Perché nessuno ci ha mai detto questo? — esclamò Sambo. — Ma io credo in Lui, non posso farne a meno. O Signore Gesù, abbi pietà di noi!
— Povere creature, — disse Tom — io sono contentissimo d’aver sofferto, se ciò varrà a tirarvi verso Cristo. Oh, Signore, dammi ancora queste due anime, te ne prego! —
E la preghiera fu esaudita.
XLI.
IL PADRONCINO.
Due giorni dopo, un giovane che guidava un piccolo calesse traversò il viale degli alberi della Cina, e, gettate precipitosamente le redini sul dorso del cavallo, balzò a terra e chiese del proprietario della piantagione.
Era Giorgio Shelby, e, per spiegare come egli fosse qua venuto, bisogna che torniamo indietro a continuar la sua storia.
La lettera di miss Ofelia alla signora Shelby era rimasta per mala sorte quasi due mesi in qualche ufficio della posta fuor di mano, prima di giungere a destinazione. E perciò quando fu ricevuta Tom era già perduto in mezzo ai paludosi terreni nel Fiume Rosso.
La signora Shelby lesse con gran desiderio le notizie di Tom; ma si trovava nell’impossibilità di adoprarsi immediatamente in suo favore. Era allora tutta intenta a curare il marito, colto da una violenta febbre che gli dava il delirio.
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