Perciò, munitosi di una buona somma di denaro, il nostro eroe salì in piroscafo per il Fiume Rosso risoluto di trovare e ricomprare il suo vecchio amico.
Fu introdotto nella casa, e trovò Legrée in sala al pianterreno. Questi lo accolse con una specie di rude ospitalità.
— Ho saputo che voi compraste alla Nuova Orléans un negro per nome Tom, — disse il giovane. — Egli serviva nella piantagione di mio padre, ed io vengo nella speranza di riscattarlo. —
Legrée si fece scuro in volto, e rispose sdegnosamente:
— Sì, comprai quel negro; e fu un diabolico mercato ch’io feci. Egli è il cane più ribelle, più insolente e sfacciato. Induce i miei negri a fuggire; poco fa ha agevolato la fuga di due donne che valevano ciascuna da ottocento a mille dollari. Egli lo ha confessato; ma quando gli ho imposto di dire dove sono andate, ha risposto che ben lo sa, ma che non dirà nulla, e ha mantenuto il silenzio quantunque io l’abbia fatto conciare in modo come mai altro schiavo. Credo ch’egli voglia provarsi a morire, ma non so se gli riuscirà.
— Dov’è? — chiese Giorgio impetuosamente. — Lasciate che io lo veda. —
Una viva porpora aveva tinto il viso del giovane; ed i suoi occhi gettavano fuoco; egli ebbe la prudenza di non dir altro.
— È in quel magazzino laggiù, — disse un negretto che teneva il cavallo di Giorgio.
Legrée assestò, bestemmiando, un calcio al ragazzetto. Ma senza dir sillaba, Giorgio corso al luogo indicato.
Due giorni erano trascorsi dalla fatal notte, e Tom, sempre lì coricato, non soffriva, giacché le tante percosse gli avevano come ottuso i nervi che trasmettono il dolore; stava il più del tempo immerso in un quieto letargo; i vincoli che tenevano chiusa l’anima in quelle membra vigorose, non potevano ancora spezzarsi.
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