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      — domandarono i negri quando la fossa fu fatta.
      — No, no; seppellitevelo dentro. È la sola cosa che io possa darti, povero Tom! —
      Lo adagiarono nella fossa e lo coprirono di. terra, in silenzio. Colmata la fossa, vi stesero sopra alcune zolle.
      — Potete andare, figliuoli, — disse Giorgio mettendo nella mano di ciascun d’essi una moneta. Ma coloro stavano in forse di partire.
      — Padrone, comprateci! — disse un di loro.
      — Vi serviremo con fedeltà! — soggiunse l’altro.
      — Fa brutto tempo qui, — riprese a dire il primo. — Deh, padrone, comprateci!
      — Non posso, non posso! — replicava Giorgio, accomiatandoli a fatica,
      Quei poveri negri si allontanarono senza dir altro, con faccia contristata.
      — Eterno Iddio, — disse Giorgio cadendo in ginocchio sulla sepoltura del suo povero amico — ti chiamo a testimonio che da quest’ora in poi io farò quanto può fare un uomo per cacciar via dalla mia patria questa maledizione della schiavitù. —
      Nessun monumento indica dove riposi la salma del nostro amico: ma egli non ne ha bisogno. Dio sa dove il povero Tom riposa, e il negro oppresso si rialzerà immortale per partecipare alla gloria, degli eletti.
      Non lo piangete: la sua vita e la sua morte non sono tali da ispirare compassione. Agli occhi di Dio non hanno pregio né le ricchezze né la potenza, ma l’abnegazione e l’amore. E felici coloro ch’Egli chiama a seguirlo e a portar con pazienza la croce dopo Lui! Per essi appunto è scritto: «Beati, coloro che piangono, perché saranno consolati».
     
     
     
     
     
     
     
     
      XLII.
     
     
      STORIA AUTENTICA D’UN FANTASMA.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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