P.S. — Riuscirà gradito a più d’una madre sapere altresì che la signora De Thoux, dopo varie ricerche, poté trovare il figlio di Cassy. Esso è un giovane di molta energia, ed essendo riuscito a fuggire alcuni anni prima di sua madre, era stato accolto nel settentrione dagli amici degli oppressi. Fra poco egli raggiungerà la sua famiglia in Africa.
XLIV.
IL LIBERATORE.
Giorgio Shelby aveva scritto a sua madre due parole appena, indicando il giorno in cui essa poteva aspettarlo a casa: il coraggio gli era mancato di annunziare la morte del suo vecchio amico.
Varie volte si era provato a farlo, ma, soffocato dall’angoscia, aveva sempre lacerato la lettera, e, asciugando le lacrime, era uscito, come per cercare un sollievo.
Quel giorno tutta la casa Shelby era in un lieto trambusto: si attendeva l’arrivo del giovane padrone. La signora Shelby stava seduta nel suo leggiadro salotto, dove un bel fuoco temperava l’aria troppo rigida d’una delle ultime sere d’autunno; la tavola brillava d’argenteria e di cristalli, e la vecchia Cloe, nostra antica conoscente, attendeva ad aggiustare ogni cosa.
Vestita d’un abito nuovo di tela indiana, d’un bianco e pulito grembiule, di un alto e ben inamidato turbante, e col nero e lucente suo viso tutto sfavillante di sodisfazione, ella presiedeva a quei preparativi con esattezza scrupolosa e solo per avere un pretesto di parlare un poco alla padrona.
— Ora tutto sarà accomodato a suo genio, — ella diceva. — E adesso mettiamo la sua posata qui, dov’egli ha piacere di sedersi, vicino al fuoco; il padroncino preferì sempre il posto più caldo.
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