Pagina (50/258)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Ella sedette sul muricciuolo che fiancheggiava la via ed egli rimase in piedi dominandola tutta. Vedeva proiettarsi quella testa, illuminata da una parte dalla luce di un fanale, sul fondo oscuro: l'Arsenale che giaceva sulla riva, tutta una città, in quell'ora morta. – La città del lavoro! – disse egli sorpreso d'esser venuto là ad amare.
      Il mare, chiuso dalla penisola di faccia, nascosto dalle case, nella notte era sparito dal panorama. Restavano le case sparse alla riva come su una scacchiera, poi, più in là, un vascello in costruzione. La città del lavoro pareva anche maggiore che non fosse. Alla sinistra, dei fanali lontani parevano segnarne la continuazione. Egli rammentò che quei fanali appartenevano ad un altro grande stabilimento situato sulla sponda opposta del vallone di Muggia. Il lavoro continuava anche là; era giusto che alla vista apparisse come la continuazione di questo.
      Anch'ella guardava e, per un istante, Emilio si trovò col pensiero ben lungi dal suo amore. In passato egli aveva vagheggiato delle idee socialiste, naturalmente senza mai muover dito per attuarle. Come erano lontane da lui quelle idee! Ne ebbe rimorso come di un tradimento, perché egli sentiva le cessazioni da desideri e da idee, le sole sue azioni, come apostasìe.
      Il piccolo malessere presto sparì. Ella chiedeva parecchie cose, specialmente intorno a quel colosso sospeso nell'aria ed egli le descrisse un varo. Nella sua vita di pedante solitario egli non aveva saputo conformare giammai il pensiero e le parole alle orecchie cui erano dirette e, invano, parecchi anni prima, aveva tentato d'uscire dal suo guscio e comunicare con la folla; s'era dovuto ritirare indispettito e sprezzante.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





Arsenale Muggia Emilio