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      Strideva su quella faccia la contraddizione fra quegli occhi arditi di monella e la serietà dei tratti di madonna sofferente. Oltre che per farsi vedere, ella approfittò della luce del cerino per guardare con curiosità Emilio; poi, visto che la fiammella non voleva ancora spegnersi, vi soffiò sopra.
      – Adesso vi conoscete tutti. Quel coso lì – disse il Balli accennando ad Emilio – lo vedrai al chiaro. – Precedette la compagnia con Margherita che già s'era attaccata al suo braccio. La figura di Margherita così alta e magra, non doveva esser bella; s'accompagnava ad entrambe le espressioni della faccia di vivacità e di sofferenza. Il suo passo era malsicuro, piccolo in proporzione alla figura. Portava una giacchetta di un color rosso fiammante, ma sul suo dosso modesto, povero, un po' curvo, perdeva ogni arditezza; pareva una uniforme vestita da un fanciullo; mentre addosso ad Angiolina il colore più smorto s'avvivava. – Peccato, – mormorò Angiolina con profondo rammarico, – quella bella testa infilzata su quella stanga.
      Emilio volle dire qualche cosa. S'avvicinò al Balli e gli disse: – Soddisfattissimo degli occhi della tua signorina, vorrei sapere come ti sieno piaciuti quelli della mia.
      – Gli occhi non son brutti – dichiarò il Balli – il naso però non è modellato perfettamente; la linea inferiore è poco fatta. Bisognerebbe darci ancora qualche colpo di pollice.
      – Davvero! – esclamò Angiolina interdetta.
      – Forse potrei ingannarmi – disse il Balli serio, serio. – È cosa che si vedrà subito, al chiaro.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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