Angiolina guardò quella linea come se avesse voluto apprenderla, e si toccò il naso: – Sta meglio così – disse a mezza voce come se non le fosse più importato di convincere nessuno.
– Che cattivo gusto! – esclamò il Balli non potendo però tenersi dal ridere. Si capì che da quel momento Angiolina lo divertì molto. Continuò a dirle delle cose sgradevoli ma pareva lo facesse per provocarla a difendersi. Ella stessa ci si divertiva. Nel suo occhio c'era per lo scultore la medesima benevolenza che brillava in quello di Margherita; una donna copiava l'altra, ed Emilio, dopo aver cercato invano di cacciare qualche parola nella conversazione generale, era ora intento a domandarsi perché avesse organizzata quella adunanza.
Ma il Balli non lo aveva dimenticato. Seguì il suo sistema, che pareva dovesse essere la brutalità, persino col cameriere. Lo sgridò perché non gli offriva di cena altro che vitello in tutte le salse; rassegnatosi a prenderne, gli diede i suoi ordini e quando il cameriere stava già per uscire dalla stanza, gli gridò dietro in un nuovo comico accesso d'ira ingiustificata: – Bastardo, cane! – Il cameriere si divertì a esser sgridato da lui ed eseguì tutti i suoi ordini con una premura straordinaria. Così, avendo domato tutti intorno a sé, al Balli parve d'aver dato ad Emilio una lezione in piena regola.
Ma a costui non riuscì d'applicare quei sistemi neppure nelle cose più piccole. Margherita non voleva mangiare: – Bada, disse il Balli, – è l'ultima sera che passiamo insieme; non posso soffrire le smorfie io!
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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