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      Il vecchio, un originale ricco come un personaggio di fiaba, gli commise il proprio busto da prima, poi un monumento funebre e infine lo ricordò nel testamento. Il Balli ebbe perciò del lavoro per due anni e del denaro per dieci.
      Amalia disse: – Come dev'essere bello di conoscere delle persone tanto intelligenti e tanto buone.
      Il Balli protestò. Descrisse il vecchio con sentita antipatia. Quel mecenate pretensioso gli era stato eternamente accanto imponendogli di fornire ogni giorno quella data quantità di lavoro. Vero borghese privo di un gusto proprio, non aveva amato dell'arte che quanto gli veniva spiegato, dimostrato. Ogni sera il Balli era stanco di lavorare e di parlare, e gli era parso talvolta d'essere capitato in quel posto d'ispettore commerciale cui era sfuggito solo per un caso. Aveva preso il lutto quando il vecchio era morto, ma, per piangerlo più allegramente, non aveva toccato argilla per molti mesi.
      Come era bello il destino del Balli: non era neppure obbligato a riconoscenza per i benefici che gli piovevano dal cielo. La ricchezza e la felicità erano i portati del suo destino; perché avrebbe dovuto sorprendersene o esserne grato a chi era inviato dalla provvidenza a portargli i suoi doni? Amalia, incantata, stava a sentire quel racconto che le confermava la vita essere ben differente di quella che aveva conosciuta. Era naturale che a lei e al fratello fosse stata tanto dura e naturalissimo che al Balli fosse toccata tanto lieta. Ella ammirò la felicità del Balli e amò in lui la forza e la serenità che erano le sue prime grandi fortune.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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