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      – Sì, farò così – disse Emilio. Con sincerità aggiunse: – Forse non domani però. – Avrebbe voluto dormire lungamente indomani.
      – Va là che sei degno mio amico – disse il Balli con profonda ammirazione. – In una sola sera hai riconquistata tutta la stima che avevi perduta con le sciocchezze commesse nel corso di più mesi. Mi accompagni verso casa mia?
      – Un piccolo tratto – disse Emilio sbadigliando. – È tardi ed io ero là là per coricarmi allorché fui chiamato da Michele. Evidentemente deplorava quella chiamata intempestiva.
      Non si ritrovò neppure quando fu solo. Che cosa gli restava da fare per quella sera? Si diresse verso casa per andare a coricarsi.
      Ma, giunto al Chiozza, si fermò a guardare verso la stazione, la parte della città ove Angiolina faceva all'amore con l'ombrellaio. – Eppure – pensò e pensò l'idea e le parole – sarebbe bello ch'ella passasse per di qua ed io potessi subito dirle che fra di noi tutto è finito. Allora sì che tutto sarebbe finito ed io potrei andare a dormire veramente calmo. Per di qua deve passare!
      S'appoggiò ad un paracarro e quanto più attendeva, tanto più forte si faceva la sua speranza di vederla quella stessa notte.
      Per essere pronto pensò anche le parole che le avrebbe dirette. Dolci. Perché no? – Addio Angiolina. Io volevo salvarti e tu mi hai deriso. – Deriso da lei, deriso dal Balli! Una rabbia impotente gli gonfiò il petto. Finalmente egli si destava e tutta la rabbia e la commozione non lo addoloravano tanto come l'indifferenza di poco prima, una prigionia del proprio essere impostagli dal Balli.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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