Quantunque ora si trovassero a pochi passi da lui, nell'oscurità egli continuò a credere che quelle tre persone fossero quelle che egli cercava. Perciò ebbe un momento di calma. Era tanto facile di calmarsi quando poteva procedere subito ad un'azione!
Quel gruppo ricordava quell'altro di cui il Balli gli aveva fatta la descrizione. In mezzo a due donne camminava un uomo grosso e tarchiato che dava il braccio a quella ch'egli aveva creduta Angiolina, e che ora però non aveva niente di caratteristico nel suo modo di muoversi. La guardò in faccia con lo sguardo calmo e ironico preparato con tanta fatica. Ebbe una grande sorpresa vedendo una faccia ignota, di vecchia, asciutta asciutta.
Una delusione dolorosa. Nel desiderio di non lasciare così quel gruppo cui l'aveva attaccato tanta speranza, ebbe l'idea di chiedere a quella gente se forse non avessero visto Angiolina, e pensava già il modo con cui l'avrebbe descritta. Si vergognò! Una sola parola che avesse detta, e tutti avrebbero indovinato tutto. Continuò a camminare con passo celere che presto degenerò in corsa. Vedeva dinanzi a sé un lungo tratto di strada bianca e ricordò che, quando avrebbe girato, ne avrebbe visto un altro altrettanto lungo e poi un altro. Interminabile! Ma bisognava uscire dal dubbio e per il momento il dubbio era se Angiolina si trovasse su quella strada o altrove.
Un'altra volta pensò le frasi ch'egli le avrebbe dirette quella notte stessa o la mattina appresso. Dignitosamente (quanto più aumentava la sua agitazione, tanto più calmo egli si sognava) dignitosamente le avrebbe detto che per liberarsi di lui le sarebbe bastato di dirgli una parola, una sola parola.
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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