Non pensava alle parole che avrebbe dirette ad Angiolina. Era troppo sicuro del fatto suo per aver bisogno di preparazione, troppo sicuro di saperla ferire e abbandonare.
Venne ad aprirgli la madre di Angiolina. Lo condusse nella stanza della figlia che stava vestendosi in quella accanto, e poi, come al solito, si offerse di fargli compagnia.
Questa nuova dilazione, sia pure di pochi minuti, lo fece soffrire. – Angiolina è venuta tardi a casa questa notte? – chiese con un vago proposito di fare delle indagini.
– È stata col Volpini in caffè fino alla mezzanotte – rispose la vecchia d'un fiato e la frase parve conglutinata in quella voce nasale.
– Ma Volpini non è partito ieri? – chiese Emilio sorpreso dell'accordo fra madre e figlia.
– Aveva da partire, ma perdette il treno e dovrebb'essere partito adesso adesso.
Egli non volle far capire alla vecchia di non crederle, e stette zitto. La cosa era divenuta molto chiara e non c'era la possibilità d'ingannarlo o di renderlo dubbioso. La menzogna che avevano inventata era stata prevista dal Balli.
Dinanzi alla madre gli fu anche facile di accogliere Angiolina con la faccia dell'amante soddisfatto. Provava una vera soddisfazione. L'aveva finalmente afferrata, ed ora non voleva cedere al suo impeto solito di chiarire e semplificar subito le cose. Era lei che doveva parlare. L'avrebbe lasciata sciorinare le sue bugie per poterla cogliere proprio in flagrante.
Rimasti soli, ella si mise dinanzi allo specchio a comporsi i ricci e, senza guardarlo, gli raccontò della serata passata in caffè e dello spionaggio del Balli.
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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