Ne rideva allegramente ed era così rosea e fresca ch'Emilio se ne indignò più che per le bugie.
Gli raccontò che l'improvviso ritorno del Volpini le aveva fatto un grande dispetto. La frase con cui l'aveva salutato rivedendolo, sarebbe stata formulata così: – Non sei dunque ancora stanco di seccarmi?
Ella parlava così per fargli molto piacere. Invece egli sentiva che fra lui e il Volpini era lui il più deriso. Per ingannare lui doveva esserci stato maggior sforzo: furberie e inganni ch'egli probabilmente solo in parte aveva scoperti. L'altro s'era lasciato ingannare bonariamente, e c'era voluto poco a truffarlo. Se i fasti di Angiolina, come pareva, servivano a divertire anche la madre, era molto probabile che lui fosse l'oggetto di risa, mentre il Volpini tuttavia doveva essere temuto.
Lo prese una di quelle violenti crisi che lo facevano sbiancare e tremare. Ma ella parlava, parlava, quasi avesse voluto stordirlo, e gli diede il tempo di rimettersi.
Perché disperarsi, perché indignarsi di leggi di natura? Angiolina era stata perduta già nel ventre della madre. L'accordo con la madre era in lei la cosa più odiosa. Perciò essa non meritava rimbrotti, vittima essa stessa di una legge universale. Rinasceva finalmente in lui l'antico naturalista convinto. Non seppe però rinunziare alla vendetta.
Angiolina s'era dovuta finalmente accorgere del suo strano contegno. Si volse a lui: – Non m'hai dato neppure un bacio disse con aria di rimprovero.
– Io non ti bacerò mai più! – rispose egli calmo, guardando quelle labbra rosse, cui rinunziava.
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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