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      Pareva che improvvisamente si fosse accaldato, perché aveva provato il bisogno di denudare l'alta fronte spingendo il cappello verso la nuca. Evidentemente l'aveva con lui; le arti impiegate per celare il proprio rancore dietro supreme ragioni di famiglia non erano bastate.
      Allora egli fu preso da una puerile paura di perdere l'amico. Separatosi da Angiolina e dal Balli, egli non avrebbe più potuto sorvegliarli, ed essi, certo, si sarebbero prima o poi ritrovati. Risoluto, si attaccò affettuosamente al braccio del Balli: – Senti, Stefano. Capirai che, se io ti ho parlato a questo modo, debbo esservi stato spinto da ragioni fortissime. Per me è un grande sacrificio di rinunciare a vederti più spesso in casa mia. – Si commosse al timore di non riuscire a commuovere l'amico.
      Il Balli si mitigò subito: – Ti credo – gli disse – ma ti prego di non nominarmi mai più quella tua vecchia parente. Strano che avendo a parlarmi di cose tanto serie, tu abbia provato il bisogno di dirmi delle bugie. Parla adesso con franchezza. – Riacquistata la sua calma, ritrovò intero l'interesse amichevole che aveva portato sempre agli affari di Emilio. Che cosa succedeva di nuovo a quel disgraziato?
      Come sentiva l'amicizia il Balli! Emilio ne arrossì. Era stato ingiusto a dubitare. Volle cancellare qualunque ombra avessero potuto gettare le sue parole nell'animo dell'amico, e per il segreto di Amalia non ci fu più salvezza. – Sono molto disgraziato – dichiarò compiangendosi per aumentare la compassione che aveva già percepita nelle parole del Balli.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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