Avrebbe ora voluto far cessare quelle confidenze che con tanta leggerezza aveva provocate. La parola non guariva Amalia; ne inaspriva il dolore. In questo ella non gli somigliava.
– Non ho ragione di piangere quando vengo trattata in questo modo? Egli fugge come se io gli fossi corsa dietro. – Di nuovo aveva gridato, ma, dallo sforzo, fu subito spossata. Le parole di Emilio erano capitate proprio inaspettate perché, dopo tanto tempo, ella ancora non aveva trovato un contegno. Un'altra volta ella cercò di attenuare l'impressione che tutta la scena doveva aver prodotta su Emilio. – La mia debolezza è la causa prima della mia agitazione – disse poggiando la testa sulle due mani. – Non m'hai già vista piangere per cose molto meno importanti?
Senza dirselo, ambedue corsero col pensiero a quella sera in cui ella era scoppiata in pianto solo perché quell'Angiolina le portava via il fratello. Si guardarono molto serii. Allora, ella pensò, aveva davvero pianto per nulla, e proprio perché ancora non aveva conosciuto lo scoramento senza rimedio in cui ora si trovava. Egli, invece, ricordò quanto quella scena fosse somigliata a questa, e sentì un nuovo peso piombare sulla propria coscienza. Questa scena era evidentemente la continuazione dell'altra.
Ma Amalia aveva deciso. – Credo che tocca a te difendermi, nevvero? Ora non mi pare che tu possa continuare ad essere l'amico di chi m'offende senza alcun motivo
– Egli non t'offende – protestò Emilio.
– Pensa come vuoi! Ma egli deve ritornare in questa casa o tu saresti obbligato a voltargli le spalle.
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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