Era certo che quando egli aveva tempo, di sera, sul tardi, capitava a trovarla, e ciò sebbene molto spesso venisse a tenere compagnia alla vecchia Zarri. Erano i sogni che lo trascinavano lassù. Egli sperava sempre di trovare Angiolina mutata e veniva frettoloso a cancellare l'impressione – sempre triste – dell'ultimo ritrovoAllora fece un ultimo tentativo. Gli raccontò che il padre non le dava pace e che le era riuscito con grande fatica di trattenerlo dal fargli una scenataccia Tutto quello che aveva potuto ottenere era la promessa che si sarebbe astenuto dall'usare violenze, ma le sue ragioni il vecchio voleva dirgliele. Cinque minuti dopo entrò il vecchio Zarri. Ad Emilio parve che il vecchio, un uomo lungo, magro, tentennante, che appena entrato provò il bisogno di sedere, sapesse che il suo ingresso era stato annunziato Le sue prime parole parvero preparate per imporre. Parlava lento e impacciato, ma imperioso. Disse che credeva di poter dirigere e proteggere quella sua figliuola che ne aveva bisogno, perché se non avesse avuto lui non avrebbe avuto nessuno, visto che i fratelli – egli non voleva dirne male – degli affari di famiglia non si occupavano. Angiolina parve si compiacesse grandemente del lungo esordio; tutt'ad un tratto disse che andava a vestirsi nella stanza accanto e uscì.
Il vecchio perdette subito ogni imponenza. Guardò dietro alla figliuola portando al naso una presa di tabacco; fece una lunga pausa durante la quale Emilio pensava le parole con cui avrebbe risposto alle accuse che gli sarebbero mosse.
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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