Il padre di Angiolina guardò poi dinanzi a sé, e, lungamente, le proprie scarpe. Fu proprio per caso che alzò gli occhi e rivide Emilio. Ah, sì – fece come persona sorpresa di ritrovare un oggetto smarrito. Ripeté l'esordio ma con meno forza; era molto distratto. Poi si concentrò, con uno sforzo evidente, per continuare. Guardò Emilio a più riprese sempre evitando d'incontrarne lo sguardo e non parlò che quando si risolse a guardare la tabacchiera consunta che teneva fra le mani.
C'era della gente cattiva che perseguitava la famiglia Zarri. Angiolina non glielo aveva detto? Aveva fatto male. C'era dunque della gente che stava sempre sull'attenti per cogliere in fallo la famiglia Zarri. Bisognava guardarsi! Il signor Brentani non conosceva Tic? Se lo avesse conosciuto non sarebbe venuto tanto spesso in quella casa.
Qui la predica degenerò in un'ammonizione ad Emilio, a non esporsi – così giovine – a tanti pericoli. Quando il vecchio alzò gli occhi per guardare di nuovo Emilio, questi indovinò. In quegli occhi stranamente azzurri sotto a una canizie argentea, brillava la follia.
Questa volta il pazzo seppe sostenere lo sguardo d'Emilio. Sta bene che Tic abita lassù ad Opicina ma di lassù manda le percosse alle gambe e alle schiene dei suoi nemici. Foscamente aggiunse: – Qui in casa bastona persino la piccola. – La famiglia aveva un altro nemico: Toc. Quello abitava in mezzo alla città. Non bastonava, ma faceva di peggio. Aveva portato via alla famiglia tutti i mestieri, tutto il denaro, tutto il pane.
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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