Io non voglio approfittare del fatto che tu fingi indifferenza. So che soffri. Hai torto, torto, ma so che neppure io non ho avuto ragioneCon un sorriso forzato Emilio rispose: – Allora non ho proprio niente da dirti.
Il Balli trovò ch'Emilio era con lui anche più duro di quanto egli sapesse di meritare: – Così per farmi scusare da te non mi resta altro che avvertire Angiolina di non venire? Ebbene, se lo desideri faccio anche questo.
La proposta non era da accettare perché quella povera donna – Emilio la conosceva come se l'avesse fatta lui – amava molto chi la respingeva ed egli non voleva le fossero date nuove ragioni d'amare il Balli. – No – dichiarò più mitemente. – Lasciamo le cose come stanno. Io m'affido in te, anzi – aggiunse ridendo – soltanto in te.
Con grande calore Stefano assicurò che egli meritava quella fiducia. Promise, giurò che il giorno in cui si fosse accorto d'aver dimenticata, nelle sedute con Angiolina, anche per un solo istante, l'arte, avrebbe messa la fanciulla alla porta. Emilio ebbe la debolezza di accettare la promessa, anzi di farsela ripetere.
Il giorno appresso il Balli venne da Emilio a fargli il rapporto della prima seduta. Aveva lavorato da indemoniato e non poteva lagnarsi d'Angiolina, la quale nella sua posa non troppo comoda, aveva resistito quanto aveva potuto. Le mancava ancora di comprendere la posa, ma il Balli non disperava di riuscirci. Era più innamorato che mai del proprio concetto. Per otto o nove sedute non avrebbe avuto neppure il tempo di scambiare una parola con Angiolina.
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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