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      Vedendo Emilio saltò giù per salutarlo vivacemente. Anche Angiolina abbandonò la posa e sedette sui cuscini candidi; pareva riposasse in un nido. Salutò Emilio con grande gentilezza. Da tanto tempo non si vedevano. Lo trovava un po' pallido. Era forse indisposto? Il Brentani non seppe esserle grato di tante manifestazioni d'affetto. Ella voleva probabilmente dimostrargli gratitudine perché la lasciava tanto sola col Balli.
      Stefano s'era soffermato dinanzi al proprio lavoro. – Ti piace? – Emilio guardò. Su una base informe poggiava inginocchiata una figura quasi umana, le due spalle vestite, evidentemente quelle di Angiolina nella forma e nell'atteggiamento. Fatta fino a quel punto la figura aveva qualche cosa di tragico. Pareva fosse sepolta nell'argilla, facesse degli sforzi immani per liberarsene. Anche la testa su cui qualche colpo di pollice aveva incavate le tempie e lisciata la fronte, appariva come un teschio coperto accuratamente di terra acciocché non gridasse. – Vedi come la cosa sorge – disse lo scultore, gettando un'occhiata, una carezza su tutto il lavoro. – L'idea c'è già tutta; è la forma che manca. – Ma l'idea non la vedeva che lui. Qualche cosa di fine, quasi inafferrabile. Doveva sorgere da quell'argilla una prece, la prece di una persona che per un istante crede e che forse non avrebbe creduto mai più. Il Balli spiegò anche la forma che voleva. La base sarebbe rimasta grezza e la figura sarebbe andata affinandosi in su fino ai capelli, che dovevano essere disposti con la civetteria del parrucchiere più modernamente raffinato.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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