Il Balli parlò sempre della statua, mentre Emilio seguiva con gli occhi i movimenti della fanciulla. In tutte quelle ore non ci fu posto per la gelosia. Il Balli sognava, e quando s'occupava d'Angiolina, era solo per tenersela lontana senza scherzare e senza maltrattarla.
Faceva freddo e lo scultore propose di entrare in un'osteria a bere del vino caldo. Visto che nel locale v'era molta gente e un acre sentore di cibo e di tabacco, decisero di restare nel cortile. Dapprima Angiolina, spaventata dal freddo, protestava ma poi, quando il Balli disse che la cosa era molto originale, ella s'avvolse nel mantiglione e si divertì a vedersi ammirata dalla gente che usciva dalla stanza calda e dal servitore che li serviva correndo. Il Balli non s'accorgeva del freddo e guardava nel bicchiere come se ci avesse scoperta la propria idea; Emilio era occupato a scaldare le mani che Angiolina gli abbandonava. Era la prima volta ch'ella gli permettesse di accarezzarla in presenza del Balli ed egli ne godeva intensamente. – Dolce creatura! – mormorò e giunse fino a baciarla sulla guancia ch'ella premette contro le sue labbra.
Era una serata chiara, azzurra; il vento sibilava sopra l'alta casa da cui essi ne erano difesi. Aiutati dalla bevanda calda, aromatica, ch'essi ingoiarono in copia, resistettero per quasi un'ora a quella rigida temperatura. Fu per Emilio un altro episodio indimenticabile del suo amore. Quel cortile fosco, azzurro, e il loro gruppo ad un'estremità del lungo tavolo di legno Angiolina abbandonata definitivamente a lui dal Balli, e più che docile, amante.
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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