Egli doveva dunque l'affabilità di Angiolina alle raccomandazioni del Balli, e ciò lo umiliò. Era una nuova, forte ragione di gelosia. Si propose di far capire al Balli ch'egli non amava di dover l'affetto di Angiolina all'ascendente altrui. Con quest'ultima, poi, alla prima occasione, si sarebbe dimostrato meno grato di quelle manifestazioni d'affetto che l'avevano beato poco prima. Era dunque chiaro perché si fosse lasciata tanto docilmente accarezzare in presenza del Balli. Come era sottomessa allo scultore! Per lui sapeva rinunziare alle sue affettazioni d'onestà e a tutte quelle menzogne da cui Emilio non sapeva liberarsi. Col Balli ella era tutt'altra. Col Balli che non la possedeva, ella si smascherava, con lui no!
La mattina di buon'ora egli corse da Angiolina, ansioso di vedere come sarebbe stato trattato quando Stefano non c'era. Ottimamente! Ella stessa, dopo essersi accertata ch'era lui, gli aperse la porta. Di mattina era più bella. Il riposo di una sola notte bastava a darle l'aspetto sereno di vergine sana. La vestaglia bianca di lana, rigata di turchino, un po' consunta, secondava docile le forme precise del suo corpo e le lasciava nudo il bianco collo.
– Disturbo? – chiese lui, fosco, trattenendosi dal baciarla per non togliersi la possibilità di trovare uno sfogo nel litigio che meditava.
Ella neppure s'accorse di tutta quella musoneria. Lo fece entrare nella sua stanza: – Vado a vestirmi perché alle nove debbo trovarmi dalla signora Deluigi. Tu intanto leggi questa lettera – e nervosamente levò una carta da un canestro – leggila attentamente e poi mi consiglierai.
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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