Emilio dovette rileggere quello scritto e gli fu forza ammettere che il Volpini affastellava troppi argomenti per averne uno solo di assolutamente buono. Di nomi non citava che quello del Merighi. – Quanto a questo so ben io come rispondere, – disse Angiolina con grande ira. – Egli dovrà pur riconoscere d'avermi posseduta per primo.
Messo su quella via, Emilio fece un'osservazione che corroborò il modo di vedere di Angiolina. Nella chiusa magniloquente, il Volpini dichiarava che la lasciava, prima di tutto perché lo tradiva, e poi perché la trovava freddissima con lui e sentiva ch'ella non lo amava. Era quello il momento di lagnarsi di un difetto, ch'era forse il solo di carattere, se gli altri rimproveri avevano quella serietà che lo scrivente aveva voluto far credere? Ella gli fu gratissima di quell'appunto che confermava all'evidenza la giustezza della propria interpretazione e non ricordò ch'era stata lei ad avviarlo a quella ricerca. Oh, ella non era una letterata né ci teneva ad essere lodata. Si trovava nella lotta e impugnava con la stessa energia ogni arme che le sembrasse efficace, senza curarsi di vedere chi l'avesse costruita.
Ella non volle scrivere subito al Volpini perché aveva da correre via essendo attesa dalla signora Deluigi; ma a mezzodì si sarebbe trovata in casa e pregava Emilio di venirci anche lui. Lo aspettava, e fino a quell'ora, tanto lui quanto lei dovevano pensare unicamente a quell'oggetto. Anzi egli doveva portare con sé in ufficio quella lettera per studiarla con comodità.
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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258 |
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