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      La più piccola delle figlie era venuta a porsi accanto alla madre e si soffregava sul fianco di costei come un gattino sullo stipite di una porta.
      Egli se ne andò sconfortato, congedato dai saluti gentilissimi della vecchia e della fanciulla. Egli accarezzò i capelli di quest'ultima, che avevano il colore di quelli dell'Angiolina. In genere, salvo la rosea salute, ella andava somigliando alla sorella.
      Pensò che forse sarebbe stato saggio partito vendicarsi di quel tiro d'Angiolina, non andando da lei finché ella non l'avesse chiamato. Ora che ne aveva bisogno sarebbe venuta ben presto in cerca di lui. Ma la sera, subito dopo l'ufficio, egli rifece la strada proponendosi intanto d'indagare la causa di quell'inesplicabile assenza. Era possibilissimo che si fosse trattato di un caso di forza maggiore.
      Trovò Angiolina ancora vestita come quando l'aveva accompagnata la mattina. Era rientrata in quell'istante. Ella si lasciò baciare ed abbracciare con la dolcezza che usava quando aveva bisogno di ottenere un perdono. Le sue guance erano in fiamme e la sua bocca puzzava di vino.
      – Infatti ho bevuto molto – disse ella subito ridendo.
      – Il signor Deluigi, un vecchio cinquantenne, s'era proposto di farmi prendere una sbornia; ma non c'è riuscito mica, veh! – Eppure doveva esserci riuscito meglio di quanto ella credesse, e ne faceva fede la sua smodata allegria. Si contorceva dalle risa. Era bellissima, con quell'insolito rossore alle guance e gli occhi lucenti. Egli la baciò nella bocca spalancata, sulle gengive rosse, ed ella lo lasciò fare, passiva come se il caso non fosse suo.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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